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Storia del trotskismo in America latina |
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Autore:
Osvaldo Coggiola
Editore:
Massari editore
Anno:2016
ISBN: 9788845702983 Collana: Storia E Memoria
Condizioni: NUOVO
Categoria: STORIA
ID titolo:81537247
"Storia del trotskismo in America latina" è in vendita da lunedì 28 giugno 2021 alle 10:17 in provincia di Catania
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Note su "Storia del trotskismo in America latina": Questo libro è stato scritto tre decenni fa e pubblicato originariamente in portoghese e spagnolo (in Brasile e Argentina). Abbraccia poco più di mezzo secolo di storia, dalle origini dei primi gruppi trotskisti in America latina alla prima metà degli anni ’80. Al momento della sua pubblicazione, sul tema non esistevano praticamente studi accademici o di qualsiasi altra natura. La principale eccezione era Trotskyism in Latin America [1973], del prof. Robert J. Alexander (della Hoover Institution, nell’Università di Stanford, Usa), e un articolo di Pierre Broué nei Cahiers Léon Trotsky (che erano pubblicati in Francia sotto la direzione dello stesso Broué). Abbastanza poco, come si vede. La prima opera è essenzialmente un catalogo diviso per paesi e con varie imprecisioni (benché l’autore disponesse dei notevoli fondi documentali della Hoover Institution). Alexander, inoltre, non ha mai nascosto il suo anticomunismo militante. L’articolo di Broué, dal canto suo, riguardava solo il primo decennio di attività del movimento trotskista nel continente (1930-1940). Abbiamo redatto i testi che compongono questo nostro libro durante il periodo dell’ultima dittatura militare argentina (1976-1984), che ci ha costretti all’esilio in Francia e poi in Brasile (dove attualmente sono ordinario di Storia contemporanea nell’Università di São Paulo). L’accesso ai documenti è stato abbastanza difficile, non esistendo fondi documentali specifici; senza parlare del fatto che, mentre effettuavo la ricerca, dovevo anche lavorare per sopravvivere (all’epoca non avendo ancora alcun incarico universitario). Parte del libro attuale fu presentata per conseguire il titolo di «Dottore in storia comparata delle società contemporanee» all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi, nel 1983, sotto la direzione della prof.ssa Madeleine Rebérioux, innanzi a una commissione composta da Claude Lefort, Pierre Broué, Robert Paris e Michael Löwy. Il lavoro, che fu approvato col massimo della valutazione, si componeva di 700 pagine e includeva lunghi capitoli sulla storia contemporanea dell’Argentina e dell’America latina (necessari per rendere comprensibili alcune parti del testo rispetto a dei lettori accademici francesi), poi non inclusi nell’edizione definitiva, qui tradotta per il pubblico italiano. Per ottenere i documenti originali (l’accesso a qualsiasi documentazione era impossibile in Argentina, per le ragioni immaginabili) abbiamo potuto contare sulla solidarietà di Michel Dreyfus, che ci ha aperto la parte ancora non classificata della Bibliothèque de Documentation internationale contemporaine (Bdic) dell’Università di Paris X-Nanterre, dove ci sono ancora giornali e bollettini ben conservati, benché si trovino nel disordine più totale. Anche il Segretariato unificato della Quarta internazionale, con sede a Parigi, ci ha aperto i propri archivi informali, dove in molti casi giornali, documenti e perfino lettere erano ancora in pacchi e buste originali, mai aperti in precedenza. Altri documenti sono stati consultati nell’Istituto di Storia sociale di Amsterdam. E infine siamo riusciti a intervistare, attraverso corrispondenza scritta (eravamo ancora ben lontani da Internet), vari militanti del periodo oggetto dello studio, tra i quali alcuni esiliati in Europa come Alberto Belloni, Hugo Blanco, Guillermo Lora, Daniel Pereyra (che erano letteralmente sopravvissuti alle esperienze armate e alla repressione di quegli anni in America latina, come lo era anche l’autore di queste pagine, benché molto più giovane); ma anche veterani del movimento trotskista nel decennio del 1930, come l’argentino Liborio Justo (figlio del presidente argentino nel 1932-1938, Agustin P. Justo). Al momento della redazione del libro, quasi tutto il Sudamerica viveva sotto dittature militari, espressione della più grave sconfitta vissuta dal movimento operaio e popolare del subcontinente in tutta la sua storia. Le pagine che seguono riflettono necessariamente l’ambiente politico di queste sconfitte e delle polemiche attorno alle loro radici più profonde, con specifico riguardo alla corrente storica di cui ci occupiamo, alla quale apparteneva anche lo stesso autore. Negli anni successivi, in altro clima politico (ovvero durante la «ridemocratizzazione» sudamericana, a partire dalla metà degli anni ’80), sono venuti alla luce molti altri studi, dotati di possibilità maggiori di accesso ai documenti e quindi più dettagliati, benché tutti (senza alcuna falsa modestia) abbiano avuto le pagine che seguono come iniziale punto di riferimento. Per tale motivo, pur considerando molte parti di questo lavoro suscettibili di una diversa redazione, sulla base di una documentazione più ampia, abbiamo preferito lasciarle così come furono pubblicate in origine. La parte riferita in modo specifico all’Argentina venne pubblicata nel 1984-1986 dal Centro editor de América latina (Ceal) di Buenos Aires, in tre volumi con tiratura di ventimila esemplari, esauriti in poco tempo. Il tutto fu ripubblicato una ventina di anni dopo, in volume unico, a Buenos Aires dalle edizioni Razón y revolución. È noto che, come corrente politica indipendente, il trotskismo ebbe le proprie origini nell’Internazionale comunista, dopo l’espulsione di Lev Trotsky dall’Unione Sovietica e la sconfitta dell’Opposizione di Sinistra guidata dal grande rivoluzionario russo. Durante e dopo il massacro dei suoi militanti nell’Urss (e l’assassinio dello stesso Trotsky in Messico), tale movimento ebbe un ruolo importante in alcuni paesi europei (principalmente in Francia, Belgio e Spagna, prima della sconfitta della Repubblica nella guerra civile in questo paese). Durante e dopo la Seconda guerra mondiale, invece, esso acquistò maggiore importanza fuori dell’Europa: negli Usa (il Socialist Workers Party, con il quale Trotsky mantenne stretti collegamenti fino alla morte), in Asia (soprattutto in Vietnam, Ceylon-Sri Lanka e India) e infine in America latina. Nonostante ciò, e con l’eccezione di un breve periodo durante la guerra, la direzione della Quarta internazionale (e poi delle varie altre «Quarte internazionali») ha sempre avuto sede in Europa. Dopo la Seconda guerra mondiale, tuttavia, è in America latina che il movimento trotskista ha vissuto le esperienze politiche più significative e profonde, tra le quali la Rivoluzione boliviana del 1952, la Rivoluzione cubana e i processi rivoluzionari dei decenni 1960 e 1970. Esso arrivò ad essere un fattore politico importante e perfino decisivo in due paesi: Bolivia e Argentina (senza dimenticare il suo ruolo a Cuba, in Brasile e in Cile negli anni ‘30). In entrambi questi paesi (ma anche in altri come il Cile, il Brasile e il Messico) fu anche un vivaio intellettuale di varie interpretazioni storiche e sociologico-culturali tra le più importanti, rimaste nel tempo e fino a oggi modelli e punti di riferimento per la produzione teorica riguardo alla realtà storica, nazionale e continentale. Basti menzionare l’importanza di alcuni autori trotskisti latinoamericani, per quanto poco conosciuti dal pubblico europeo, come Milcíades Peña, Jorge Abelardo Ramos, Guillermo Lora, Luis Vitale, Adolfo Gilly, Mário Pedrosa. Questa traiettoria politica, ma anche culturale e intellettuale, ha sottoposto i due pilastri fondamentali del trotskismo (la teoria della rivoluzione permanente e il programma di transizione) alle prove più difficili affrontate nel mondo. È stato, però, grazie a tale traiettoria che il movimento trotskista latinoamericano ha potuto svolgere un ruolo rilevante in alcuni paesi del continente durante l’ascesa rivoluzionaria dei decenni 1960 e 1970. A questo ruolo è riservata la maggior parte del testo che segue. Dal canto suo, l’autore non ha tralasciato di prendere direttamente partito nelle discussioni sviluppatesi in seno al movimento trotskista (così come in tutta la sinistra latinoamericana) durante quei drammatici decenni, pur non avendo rivestito alcun ruolo dirigente di rilievo. Presentare un diverso atteggiamento, presuntamente «imparziale», sarebbe disonesto. D’altro canto, prendere partito non significa non essere obiettivi: al contrario, è l’unico modo di esserlo. Fatta questa avvertenza, l’autore riconosce i limiti del presente lavoro, come sopra spiegato. Crede che alcuni di questi limiti siano stati superati in seguito da altri autori e in circostanze più favorevoli per la ricerca, ma anche per la riflessione, benché tali lavori non abbiano avuto l’impatto continentale che invece ebbe questo lavoro in virtù del suo carattere pionieristico. Ora, grazie alla sollecitudine di Roberto Massari e all’ottimo lavoro di traduzione fatto da Antonella Marazzi, il libro è a disposizione anche del lettore italiano
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