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SEPPELLISCI IL MIO CUORE ALLA RADURA DEI CERVI. Il diario di una ragazza cecena. [ Presentazione di Thomas Goltz. Prima edizione. Sarabande edizioni (stampa: Trento, tipografia Temi), dicembre 2004 ]. |
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Autore:
GRAFFER, Piera
Editore:
[ Trento ], Sarabande edizioni.
Anno:2004
Condizioni: NUOVO
Categoria: LETTERATURA ITALIANA
ID titolo:98139065
"SEPPELLISCI IL MIO CUORE ALLA RADURA DEI CERVI. Il diario di una ragazza cecena. [ Presentazione di Thomas Goltz. Prima edizione. Sarabande edizioni (stampa: Trento, tipografia Temi), dicembre 2004 ]." è in vendita da venerdì 8 marzo 2024 alle 13:33 in provincia di Trento
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Note su "SEPPELLISCI IL MIO CUORE ALLA RADURA DEI CERVI. Il diario di una ragazza cecena. [ Presentazione di Thomas Goltz. Prima edizione. Sarabande edizioni (stampa: Trento, tipografia Temi), dicembre 2004 ].": Brossura editoriale cucita, h 21,0 cm, 239 pagine.
ESEMPLARE PERFETTO, NUOVISSIMO, immacolato.
ESAURITO alla casa editrice.
Piera GRAFFER, scrittrice e artista trentina, che si firma a volte con lo pseudonimo Sarabande (che è anche il nome dell’editore, quindi un’autoedizione) non parte dall’Iraq, ma dalla Cecenia, o - se si preferisce - l’Ichkeria. Il suo romanzo racconta infatti la storia di una ragazza cecena che vive i bombardamenti che hanno raso al suolo Grozny. Fu un’immensa strage, avvenuta pochi anni fa (nel 1994) e relativamente vicino a noi, e poi dimenticata da tutti. La protagonista reagisce scegliendo di diventare una combattente. Non svelo nessun segreto dicendo che l’ultimo capitolo racconta la sua partenza per una missione da cui quasi certamente non ritornerà viva. A ogni capitolo del romanzo fa seguito un altro capitolo, che invece ci racconta la storia della Cecenia. Che, ricordiamo, comprende una feroce colonizzazione russa nell’Ottocento, decenni di resistenza, una guerra civile ai tempi di Lenin, la deportazione di tutti i ceceni in Asia Centrale sotto Stalin e gli orrori attuali.
L’argomento Cecenia è spinoso. Da una parte, abbiamo il tabù della resistenza armata; ma tra la minoranza che fortunatamente non soffre di questo tabù, c’è la tendenza a vedere la Russia come un paese che in qualche modo possa fare da argine all’espansione imperiale degli USA. Dicono anche, a ragione, che noi siamo minacciati e dominati dagli Stati Uniti, certamente non dalla Russia; le forze sono poche e quindi conviene concentrarci sui pericoli immediati.
Ma alcuni vanno oltre, e ragionano così: se i ceceni sono contro i russi, stanno con gli americani; e quindi tutto ciò che si dice sulla Cecenia è una bufala inventata dalla CIA. Avrete notato anche voi il salto logico, ma purtroppo i diretti interessati non sono in grado di notarlo loro stessi. A questo si combina un tipo di moralismo che ritiene che chiunque si trovi dalla parte sbagliata di alcune grandiose fantasie geopolitiche debba essere un vile mercenario o un bugiardo. Con queste persone, la discussione diventa spesso difficile.
Ragioniamo sul piano dell’immediatezza politica. Non risulta che i media occidentali ci ossessionino con la questione cecena, come ci hanno ossessionati con il Kosovo o con le inesistenti armi di Saddam Hussein (se volete un’antologia terrificanti di immagini che non abbiamo mai visto alla Rai, potete dare un’occhiata a questo sito islamista). Né risulta che gli americani, che pure sono presenti in forze nella vicina Georgia, aiutino concretamente i ceceni, ma probabilmente il fatto che la Russia abbia un bel problema non dispiace loro. Soprattutto non dispiace loro che la Russia partecipi alla guerra al terrorismo anche per via della questione cecena, e che per questo si faccia complice di tutte le azioni dell’Impero. Ma queste sono scelte contingenti, e tutto potrebbe cambiare domani, come cambiato in Afghanistan - dove le cronache ci riferiscono che diversi ceceni combatterebbero contro l’impero americano. Rimane poi la questione cecena stessa. Gli Stati Uniti non hanno certamente creato né i ceceni, né la loro aspirazione ormai plurisecolare all’indipendenza. Né è stata la CIA a decidere il nome minaccioso della città che nell’Ottocento i russi impiantarono per controllare i ceceni: Grozny, la terribile. Fu Tolstoj e non un neo-con a scrivere Hagi Murat. Questione cecena assai complicata, forse più di quello che emerge dal romanzo di Piera Graffer. E che oltre a un popolo ceceno esistano anche individui e clan ceceni, con numerosi interessi contrastanti, compresa una discreta percentuale di persone felicissime di collaborare con i dominatori. Ma Piera ha la lucidità di porre la questione in termini di principio; e i principi come abbiamo visto possono essere rivoluzionari, se li applichiamo anche altrove. Per questo, Piera fa parte anche della piccola schiera di chi sostiene pubblicamente la resistenza irachena. Piera Graffer, che tocca i due tabù dei nostri tempi che nessun Agnoletto, nessun Toni Negri e nessun Bertinotti osa sfiorare, non è certamente una tipica estremista politica. In realtà, è una signora che appartiene a una nota famiglia austroungarica, e questa definizione culturale e geografica dice molto nel bene e nel male.
La storia dell’impero austroungarico è stata complessa e anche tragica e non giustifica il romanticismo; ma se vogliamo inventarle un senso positivo, potremmo dire che è il contrario esatto del multiculturalismo statunitense. Negli Stati Uniti, gli individui vengono divisi e classificati per ethnic background e per race, ma nella realtà culturale e comportamentale, sono tutti parti di una delle culture più omogenee del pianeta.
L’area austroungarica, come quella ottomana, non creava invece una nuova umanità. Piuttosto metteva insieme moltissime comunità diverse, che esistevano da tempo. Alla base dell’ideologia dell’impero c’era una visione di parità e di rispetto per tutte queste comunità - germanofone, slavofone, magiare, cattoliche, protestanti, ebraiche, musulmane.
Sappiamo tutti che questa ideologia mascherava una società insieme capitalista e feudale, e che i magiari trattavano i croati con la stessa alterigia con cui i tedeschi trattavano i cechi. I conflitti furono talmente forti da distruggere alla fine l’impero. Sappiamo anche che le ideologie fanno spesso da maschera ad altro, come avviene a volte nel nostro nordest, quando si invoca il buon Kaiser Franz Josef per dire che le industrie friulane dovrebbero pagare meno tasse.
D’accordo. Ma l’atteggiamento austroungarico fu certamente migliore dei furori nazionalistici e poi del dominio americano che gli hanno fatto seguito. E nel rispetto che Piera Graffer prova per un popolo antico e misterioso come quello ceceno, possiamo leggerne ancora qualcosa.
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