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Blue Cobalto. Una trilogia sul reale distopico |
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Autore:
Alessandra Gargano McLeod
Editore:
Youcanprint
Anno:2023
ISBN: 9791221410006
Condizioni: NUOVO
Categoria: FANTASCIENZA
ID titolo:90262331
"Blue Cobalto. Una trilogia sul reale distopico" è in vendita da lunedì 23 gennaio 2023 alle 21:44 in provincia di Catania
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Note su "Blue Cobalto. Una trilogia sul reale distopico": Prefazione
Blue Cobalto è una trilogia di racconti le cui trame non hanno nulla a che fare tra loro, se non fosse che, nel loro significato più profondo, siano collegate da un unico filo conduttore, che, nella fattispecie, in ognuno dei tre racconti è il fenomeno del transumanesimo, interpretato nel primo racconto Cronache Marziane dalla Terra da una prospettiva storicista all’interno di una scenografia futurista in uno stile un pò nerd.
Il secondo racconto Pistacchi a Mandorla è ambientato a Palermo, lo snodo concettuale viene interpretato da una prospettiva psicologica intercalata nella distopia contemporanea; infine nel terzo racconto Chi è Silvia Ilari? il fenomeno del transumanesimo viene raccontato in chiave del tutto soggettivistica, con dei toni un po’ noir, e la forma è quella del racconto biografico.
Cronache Marziane dalla Terra è ambientato nel 2085, una parte dei fatti si svolge in una città del futuro, grigia, asettica e per lo più vuota, e la seconda parte del racconto si ambienta, invece, nel cyber spazio della rete. L’ultima scena del racconto si svolge all’interno di una simulazione virtuale, e il racconto si chiude con una scena tipica dei film anni 40, con una macchia d’inchiostro color blue cobalto sull’ultimo frame della pellicola.
I protagonisti sono un robot di nome A-12 (come Musk junior) -che poi è anche la voce narrante- e Dema, un umanoide dai lunghi capelli lisci color blue cobalto, il carisma di Lara Kroft e le facoltà calcolanti di un algoritmo genetico di livello tre, il cosidetto livello builder o livello dei costruttori. A-12 è un cyborg della cyber police, che dovrebbe tenerla sott’occhio, invece, comincia a provare sentimenti umani nei suoi confronti. Ah dimenticavo... il finale è tutt’altro che lieto.
Il secondo racconto, Pistacchi a Mandorla, è un racconto calato nella contemporaneità, in cui si intrecciano due culture differenti, una dai tratti un po’ esotici, l’altra nettamente più mediterranei.
Un po’ come l’odore di zafferano, che si espande lungo le vie di quel centro strorico palermitano, metà arabo e metà normanno, pieno zeppo di palme e cupole arabe intarsiate di maioliche, in cui l’odore di curry e curcuma la fanno da padrone. I protagonisti sono due giovani: uno si chiama Luca e l’altro Bei Bei.
Luca è un giornalista romano di origini siciliane, molto dedito al suo lavoro, ma assai timido ed impacciato nelle relazioni. Bei Bei è un personal trainer di Hong Kong, molto più disinibito, amante dei viaggi e dei pistacchi, alla costante ricerca di sempre nuove avventure e stimoli.
I due si incontrano in circostanze diremo straordinarie, poiché rimangono entrambi bloccati a Palermo a causa del lockdown.
Durante questo tempo trascorso insieme i due si intrattengono pontificando praticamente su tutto, dal significato della vita umana a quello del libero arbitrio, fino alle modalità dell’esserCI all’interno della società del controllo biocibernetico. Il racconto si dipana nei dialoghi tra i due protagonisti che tentano di esorcizzare attraverso lo scambio comunicativo, quel sentimento di estraneazione che genera lo stato di non appartenenza.
Questo racconto in buona sostanza è il racconto dedicato al tema del viaggio, inteso come ricerca del sé, e alla riflessione sul significato della relazione con l’altro, e cerca di mostrare come la comunicazione sia il supporto fondamentale di tale relazione, e come questa venga stimolata a partire da un interesse reciproco nei confronti di qualcosa, e non, necessariamente, nella condivisione di visioni simili riguardo la il mondo o l’essenza delle cose stesse.
Anche questo racconto come il primo non termina con un lieto fine, e ciò che in fondo vorrebbe innescare nel lettore è una riflessione circa la nostra incapacità di controllare ciò che capita, non solo all’asterno, ma soprattutto all’interno di noi stessi e della nostra umwelt interna.
L’ incapacità di controllare tutto ciò che accade si collega alla necessità, in certi contesti storici come quello che stiamo vivendo, di fuggire verso luoghi che ormai esistono solo nel passato dei nostri ricordi, luoghi come stati d’animo, scomparsi dalla percezione del reale fattuale.
L’ultimo racconto della trilogia, Chi è Silvia Ilari? è sostanzialmente un racconto biografico e in cui si enarra la storia di un’intellettuale squattrinata alle prese con le sue aspirazioni intellettuali che fanno a pugni con le molteplici difficoltà del reale.
Anche questo racconto si ambienta ai nostri giorni tra Parigi, Bologna e il deserto della Capadocia.
La protagonista, che è anche l’io narrante, è una scrittrice bolognese sulla trentina che per guadagnarsi da vivere si reinventa come chef, delle volte le va bene, delle altre decisamente meno.
Il racconto comincia con un sogno. La protagonista del sogno è una certa Silvia Ilari, una dottoranda in filosofia politica, con i capelli rasati alla soldato Jane.
Al suo risveglio, la protagonista comincia a raccontarci alcune rocambolesche circostanze esistenziali che le impediscono di fare dei passi avanti nella sua crescita professionale e personale. Esperienze e scoperte, profonde paure e angoscie, della protagonista si intrecciano con eventi realmente accaduti e con eventi probabilmente vissuti, invece da Silvia Ilari, o chissà... Un po’ come accade alle coscienze delle due protagoniste di Mullholland Drive, che ad un certo punto della narrazione messa in scena da David Linch, si intercambiano, divenendo indistinguibili l’una dall’altra, e ciò si protrae per tutta la durata del film fino all’esordio finale in cui lo spettatore si aspetta una ridefinizione dei ruoli, che invece non avverrà mai, lasciandolo così in attesa di un epilogo che non arriverà mai. Così avviene pure nell’ultimo racconto di Blue Cobalto!
Dopo la visione e la fuga, il tragico rifiuto, e poi solo alla fine, l’accettazione, pur senza individuazione. Silvia Ilari rimane infatti fratta tra le sue esperienze mentali e la realtà fattuale, vivendo in una sorta di limbo a dualità costante, che alcuni tra i più sempliciotti definirebbero mera eterotopia esistenziale cronica.
Alessandra Gargano Mc Leod
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